mercoledì 19 giugno 2013

PICCOLO GRANDE AMORE...





Tempo di matrimoni! Anzi, siamo già in ritardo…

Ci sono anni in cui sembra che non si sposi più nessuno e poi anni in cui si sposano tutti: quest’anno tra luglio e settembre sono invitata a tre matrimoni, per fortuna tutti con luoghi ed invitati diversi e quindi potrò riciclare il vestito. 

Io personalmente amo andare ai matrimoni e mi godo ogni momento della cerimonia (piango sempre…) e dei festeggiamenti successivi, anche perché negli anni diventano sempre più fantasiosi, nonostante io sia convinta che il sentimento vero abbia solo bisogno di semplicità.


Rispetto a quando mi sono sposata io (urca…) sono cambiate un sacco di cose. 
Partiamo dagli addii al nubilato e celibato. Una volta il massimo della trasgressione era andare a giocare a calcetto, poi pizza e si finiva al Samara per lo spogliarello (versione maschile), oppure cena e pompiere con nudo integrale finale (per la versione femminile).
Adesso come minimo si organizzano long weekend in giro per l’Europa dove i futuri sposi sono oggetto di scherzi, che divertono molto gli amici e un po’ meno loro. L’ultima che mi hanno raccontato aveva come protagonista un povero ragazzo, che vestito da centurione davanti al Colosseo è stato obbligato ad andare a chiedere soldi ai passanti dicendo “scusi, mi può dare un euro che mi scade il parcheggio del cavallo?”. Io mi sarei rifiutata!

E che dire del matrimonio vero e proprio? Le location alternative si sprecano (alcune originali davvero, come a Torino il Museo del Risorgimento o la Mole Antoneliana – che comunque sarebbe una sinagoga…) e ogni dettaglio, dal bouquet della sposa alla musica in chiesa, al vestito, alla macchina, i paggetti, le fedi...pare una gara a trovare l'idea più originale. Ma il meglio lo si riserva ai nomi dei tavoli (su cui si può aprire un capitolo) e alle bomboniere. Archiviate le conchiglie retroilluminate con una rosa di ceramica all’interno (che avevano però la loro apprezzata personalità kitch), le scelte degli sposi spaziano dalla bottiglia di vino con etichetta personalizzata, ai vasetti di miele all’eucalipto. Però, a onor del vero, molti destinano i soldi delle bomboniere ad organizzazioni onlus, e questa iniziativa è davvero lodevole.


Tutto questo per raccontare una cosa molto carina: l’altra sera una giovane coppia di futuri sposi è venuta a casa a portare le partecipazioni. Sono giovani, carini e davvero innamorati.

Il gesto di portare personalmente la partecipazione ha dato anche un’importanza particolare a questo evento, con un sapore d’antan e di tradizione un po’ dimenticato. Per la cronaca, li ho accolti con dei biscottini a forma di cuore: potevo mancare?

Alla mia domanda “siete a buon punto con la preparazione”, hanno risposto che dovevano ancora stampare il libretto dei canti e occuparsi delle bomboniere, che in realtà trasformavano in un’offerta ad una associazione (bravi!). In tempo, attivi e reattivi, visto che il matrimonio è a settembre.


E poi non ho resistito: volevo sapere come si era palesata la proposta di matrimonio. Lui si è inginocchiato ed ha ripetuto emozionato le parole, mentre a lei venivano gli occhi lucidi (anche a me…chissà in chiesa che combino).

Ma quanto è bello respirare l’amore puro nell’aria? Quanta fiducia, energia, carica e gioia ti dà? E’ stata una boccata di vita forse un po’ sdolcinata e stucchevole, ma bellissima. E lo dice una che a Love Story ha sempre preferito Die Hard.

Diciamocelo: tra separazioni, storie di una notte, tradimenti, uomini che scappano e donne che non si danno pace, scontrarsi con un amore semplice, sincero, che sa di purezza, senza tante paranoie ma solo il desiderio di costruire qualcosa di bello insieme ha il sapore della primavera e il profumo di tiglio, no?

Va bene, adesso mi sento un po’ Carrie Bradshaw…mi toccherà trovare un vestito all’altezza!

martedì 11 giugno 2013

OK, LA PAROLA GIUSTA è "OPEN"




Adoro Torino in questo momento: adoro il fermento che si respira, l’essenza alternativa, la vitalità, gli incontri che sono fonte di continua meraviglia.

Bello l’incrocio delle passioni e dell’arte che si è verificato sabato 9 giugno, alla LOVnight organizzata in Borgo Vanchiglia: un’intero quartiere alle spalle del centro, chiuso al traffico per una sera ma aperto alle persone.


140 tra negozi, studi di arte e design, laboratori, spazi di pittori, fotografi e architetti, hanno aperto le loro porte al pubblico, in un turbinio di musica, balli, parole e confronti. Tra piazze in cui si ballava con musica a palla e pioggerellina folkloristica (perché, nelle situazioni più alternative anche la pioggia diventa protagonista dell’evento creando divertimento invece che noia), librerie con tappeti d’erba e danze del ventre, il Borgo si è svelato nella sua anima più intensa, dando la possibilità di scoprire luoghi nuovi.


Questa serata, semplicemente bella, però mi ha fatto pensare: ad un fenomeno che si sta sempre più concretizzando nelle parole, nelle manifestazioni, nelle intenzioni; è un movimento che si fa portavoce di questo momento storico, dove le difficoltà del lavoro e dell’economia ci rendono più fragili. E per sopravvivere occorre APRIRSI: al mondo e alle persone, creando rete. Aprire la mente, ma aprire anche il proprio negozio, aprirsi alle esperienze degli altri ma condividere le proprie, aprire le vie di accesso di un quartiere ma aprire anche le vie di accesso alla conoscenza, in un fluire costante di scambi e informazioni.




Fateci caso, ma la parola più usata e ripetuta dell’ultimo periodo è OPEN. Non so se è solo una mia percezione, ma sento nell’aria il desiderio di condivisione e apertura: dallo scambio si crea valore, si generano idee e, perché no, lavoro e benessere e crescita, economica e morale. Una catena del valore virtuosa.

VANCHIGLIA OPEN LAB , ma anche OPEN PD (Matteo Renzi docet), OPEN SOURCE, e ancora OPEN EYES, un centro studi contro il bullismo e i rischi della rete. Gli OPEN DAY si sprecano (recentemente Giugiaro ha aperto le porte alle famiglie dei dipendenti…) e gli OPEN FORUM anche. Vi vengono in mente altri esempi?


L’aspetto interessante è che questo “movimento open” spesso acquista una valenza di recupero e soliditarietà sociale e L’OPEN si trasforma in “CO-“, come una magia, e la vita pratica diventa un pizzico più semplice: molti spazi di coworking, che si stanno sviluppando in modo consistente e intelligente e che sono la declinazione businnes dell’apertura mentale, nascono magari utilizzando spazi sottratti alla mafia, o recuperando luoghi abbandonati. Ne ho visitati due in Torino: COWO/spazio 19 in Borgo Vanchiglia, e TALENT GARDEN dalle parti di Piazza Statuto (http://torino.talentgarden.it/), e sono rimasta entusiasta della passione creativa che si respira. E che dire degli spazi di CO-HOUSING, dove si condividono i servizi e le incombenze quotidiane in un’ottica di risparmio?

Perché il nodo sta li: per far parte di questo “movimento” bisogna essere pronti, bisogna mettersi in gioco, bisogna sapere accettare le critiche e saperle fare con garbo, bisogna trovare l’accordo ma esaltare le differenze, bisogna comprendere “l’altro” senza snaturare sè stessi, bisogna rispettare le altre idee ma avere la forza di esporre le nostre, bisogna trovare soluzioni alternative e creative ma essere concreti. Probabilmente non è da tutti, ma è per tutti. Proviamoci.


P.S.: le foto le ho realizzate davanti allo studio di TRULY DESIGN, un laboratorio artistico che parte dalla street art e arriva al design. Notevole. Andate a vedere il sito www.truly-design.com


mercoledì 5 giugno 2013

LA SOTTILE ARTE DEL GIARDINAGGIO DA BALCONE






Faccio parte della categoria “pollici neri”: purtroppo non ho grande affinità con la coltivazione di piante e fiori.

Mi piace ammirarli, ascoltarne i profumi, passeggiare in mezzo ai colori di rose e tulipani, ma mi muore tutto. Ed è frustante questa situazione, soprattutto se sei circondata da amiche che riescono a far fiorire una stella di Natale tutto l'anno, e raccontano quanto è rilassante concimare il terriccio. Io, nel giardinaggio, ci vedo fatica, altro che relax!

E mi impegno anche, giuro: oddio, qualche volta mi dimentico di bagnare le piantine, o lascio al sole pieno un garofano che avrebbe bisogno della mezza ombra, ma chi non sbaglia mai?


La verità è che nella mia testa pianificata al minuto sulle attività della giornata, la voce “piante e fiori” è sempre all’ultimo posto, prima di andare a dormire, e la stanchezza ha quasi sempre il sopravvento (va bè, il geranio lo bagno domani, che sarà mai…). Tanto che, quest’anno, alla cassa dell’Ikea, di fronte a 4 piantine finte destinate alla vetrata della scala (dove, per la cronaca, ero riuscita a far morire anche 4 pinetti in formato mignon, dopo le  gerbere, le roselline e l’edera) mio marito ha tirato un enorme sospiro di sollievo.

Quindi, questo è un piccolo prontuario per chi come me non conosce nulla di botanica ma che ha deciso di rendere il proprio balcone (sto parlando di balcone, non di giardino!) bello e colorato con i fiori!

Primo insegnamento: mai entrare in un vivaio con un bambino di 5 anni che ha il vizio di strappare le foglie dalle piante.

Secondo insegnamento: se non sapete proprio nulla, addocchiate un vivaista uomo e avvicinatevi con aria ingenua sbattendo gli occhioni, per chiedere informazioni. Funziona: il vivaista non resisterà di fronte ad una fanciulla in difficoltà e consiglierà al meglio. Sempre che la fanciulla non abbia un figlio che strappa le foglie: nel qual caso allontanatevi, facendo finta di nulla.

Terzo insegnamento: scordatevi ogni visione bucolica, perchè il giardinaggio da balcone è fatica! Tra caricarmi piante e fiori e sacchi di terriccio in macchina, scaricarli davanti a casa e portarmeli su di due piani, ho rimediato un bel mal di schiena. Ma gli uomini dove sono quando servono?

Quarto insegnamento: tenete lontane le piante dalle gattine che si mangiano le foglie e poi vomitano in tutta casa! 

Il mio bottino ortobotanico è stato: 12 gerani edera perché erano in offerta, 2 piante di pomodori e 5 di fragole perché il figlio di cui sopra ha velleità da ortolano, una pianta di menta e una di citronella perché mi piacevano i profumi (qualcuno sa dirmi che cosa ci faccio con la citronella?), una cirenaica da mettere sul tavolino che fa tanto colore, un oleandro al posto del melograno (che, ovviamente mi era morto).

A questi si accompagnano un rosmarino e una salvia, piantate da mia mamma l’anno scorso e totalmente dimenticati in inverno: però devono avere una bella personalità perché quando mi sono ricordata di loro dopo il freddo, erano bellissimi ed enormi. Bravi, hanno capito con chi hanno a che fare!

Chiudo con una nota di speranza: tutte le sere faccio un giro sui miei balconi e devo dire che la meraviglia di vedere i fiori dell’oleandro sbocciati e la fragolina nuova che ieri non c’era mi riempe il cuore di gioia e di soddisfazione. Non credevo. Forse è questo lo spirito giusto….vedi mai che è la volta buona!

P.S.: naturalmente mia suocera è abbonata a Gardenia!

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