mercoledì 10 aprile 2013

VISITA ALLA CAPPELLA DEGLI SCROVEGNI DI GIOTTO


Padova, sabato 30 marzo alle 12,15…biglietti da ritirare un’ora prima, guida, tanta attesa.
Una giornata di pioggia, di freddo…una vigilia di Pasqua strana.

L’attesa si è prolungata: prima di entrare 10 minuti di video introduttivo; e poi finalmente l’ingresso.

Il blu oltremare della volta ha invaso gli occhi mentre velocemente cercavo di far mie le storie
che Giotto voleva raccontare con una modernità impensabile per quei tempi.


La Cappella degli Scrovegni è stata costruita e affrescata tra il 1303 e il 1305: in tempi brevissimi, da Enrico Scrovegni, un ricchissimo banchiere padovano che voleva così espiare i peccati della sua famiglia (non a caso, il padre fu collocato da Dante nel girone degli usurai).

Il ciclo pittorico di Giotto si basa sulla storia di Gioachino, di Maria e di Cristo fino alla Pentecoste, suddiviso in tre fasce sovrapposte e 6 riquadri per ogni lato e ogni fascia. E davanti il Giudizio Universale.


La bellezza è innegabile, la sequenza del racconto è affascinante: impossibile sintetizzare tutto in poche righe.

Vi dico che cosa mi ha meravigliato.
Ad esempio che Giotto si è ispirato ai Vangeli Apocrifi per impostare le sue storie: non ho ancora capito perché e sto cercando di approfondire il tema.

E poi che di fianco alla finestra vicino alla porta di ingresso c’è un piccolo foro: è un foro gnomonico, che crea una macchia di luce due volte all’anno, in due date in cui il sole assume gli stessi valori: ad esempio il 15 maggio e l’8 settembre (data di nascita di Maria), alle 9,30 la luce illumina l’immagine della Madonna. Ma il 25 marzo (festa dell’annunciazione) illumina il modellino della Cappella che Enrico offre alla Vergine, e l’8 aprile (festa dell’Assunzione) prende proprio Enrico. Tutto questo sempre se c’è il sole…


E poi c’è l’autoritratto di Giotto, da cercare tra le figure, e c’è la cometa di Halley…che è ripassata da noi nel 1986 e tornerà nel 2061.




C’è una prospettiva quasi rinascimentale, e una tridimensionalità impressionante per quei tempi.

Peccato che la visita duri poco: non si può stare dentro più di 15 minuti: suona la sirena e bisogna uscire.

E approfondire sui libri, mentre il cuore batte ancora per l’emozione.
Approposito: il blu oltremare è il colore della sapienza divina e si chiama così perché veniva estratto dai lapislazzuli d’Oriente e portato dalla Siria a Venezia. Bello, no?

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