venerdì 31 maggio 2013

IL LATO POSITIVO DELLA ZANZARA




Quando la meraviglia sconfina nell’ammirazione.

E’ questo il sentimento che ho provato quando ho conosciuto Gianluca Cannizzo e quando lui mi ha raccontato l’avventura del Laboratorio Zanzara.

In un sabato pomeriggio di metà maggio sono entrata in un negozio o meglio bottega (con il significato positivo che si porta dietro: un luogo in cui imparare, costruire, confrontarsi, mettere del proprio e creare momenti ed oggetti unici) ed ho scoperto un mondo.
Prima di allora avevo solo sentito parlare di questo progetto, senza soffermarmi o approfondire in modo particolare: ma giuro che ho recuperato!

Per chi non lo sapesse, il Laboratorio Zanzara è una cooperativa sociale nata a Torino, con lo scopo di integrare le persone con un disagio mentale, e farlo attraverso la creatività, la comunicazione visiva, il design e l’arte, grazie alla presenza e all’aiuto di esperti del settore. Si trova nella zona del quadrilatero romano torinese, e si presenta come un vero e proprio negozio, con visibili le sale e le zone adibite alle attività: tavoli attorno ai quali si realizzano oggetti unici e magici, si scrivono pensieri che hanno il sapore della genialità. Credetemi.

Il “copy” del Laboratorio Zanzara si chiama Antonino e probabilmente ha una vena di creatività che sfugge a molti professionisti: “Almeno un’ora al giorno bisogna essere felici” è diventato ormai un tormentone, che regala a tutti noi un sorriso di riflessione (ma il mio pesniero preferito è quello della foto...)


Sono andata a leggere sul dizionario il significato di laboratorio (attività e centro di ricerca artistica e letterario, oppure locale dove si svolgono lavori di tipo artigianale o di riparazione) e per quanto esaustivo, non rende giustizia alla ricchezza espressiva e di valori che si respira entrando nel negozio.
Aggiungo: il luogo ha un sapore quasi poetico, quando, dietro a tutto ciò, non c’è solo poesia, ma fatica, disagio, difficoltà, a volte sofferenza.


Parlare con Gianluca rende chiaro il concetto: io credo che lui sia una di quelle persone speciali, che fanno di più che inseguire un sogno: coinvolgono nel proprio cammino altre persone meno fortunate seguendo un’illuminazione. Non tutti ne sono capaci, non tutti ci pensano, non tutti ne hanno voglia.
Gianluca mi ha raccontato di quando, molto giovane, ha lasciato il lavoro in una classica agenzia per costruire questo mondo, e di come adesso, tra mille fatiche, sta cercando di renderla una realtà strutturata, che possa collaborare verso l’esterno in modo più continuativo, anche perché i finanziamenti pubblici per il sociale, come molti sanno, sono sempre di meno. Mi ha raccontato di come sia difficile relazionarsi con le persone con disagi mentali, gestire le relazioni tra di loro, seguirli e indirizzarli. Mi ha raccontato dei suoi splendidi viaggi, della sua passione per l’outsider art e dei suoi giri per mostre, tra Berlino e San Francisco.  

Questo è davvero il coraggio di seguire una strada in salita.

Vi invito a scoprirlo: il Laboratorio Zanzara si trova in Via Franco Bonelli 3/a a Torino.

lunedì 27 maggio 2013

SOPRAVVIVERE ALLA RECITA DI FINE ANNO...




La recita di fine anno è una tappa obbligata di quasi tutti i genitori, che, fazzoletto alla mano per tamponare le lacrime di commozione, non vedono l’ora di ammirare i primi approcci teatrali dei propri figli (ovviamente, finale di Coppa Italia permettendo).

Questo se non appartenete alla categoria “asili che festeggiano per una giornata intera”, perché a quel punto la recita si trasforma in un tour de force che inizia al mattino presto e si conclude a pomeriggio inoltrato, con vari appuntamenti distribuiti nella giornata e con alcuni momenti che nulla hanno da invidiare a…Fantozzi.

Soprattutto se si è rappresentanti di classe! E a quel punto avete tutta la mia comprensione!

Potreste, nell’ordine: aspettare all’ombra e al freddo (vi ricordo che questo è il maggio più freddo degli ultimi 50 anni e alle 11 del mattino c’erano 10 gradi) sul sagrato di una Chiesa, tenendo stretti 80 palloncini per evitare che il vento li porti via, aspettando l’uscita di altrettanti 80 bambini, trattenuti da una predica del prete un po’ troppo lunga; portare gli 80 bambini su una piazza per il lancio dei palloncini di cui sopra, urlando di non lasciarli andare e consolando i pianti di chi li aveva già persi; correre subito dopo a recuperare pizza per 200 persone mentre una famiglia affamata ti aspetta a casa per pranzo; gestire l’ingresso a teatro di 150 genitori, spiegando gentilmente ai nonni che sono entrati prima che ci sono solo due posti per ogni bimbo perché il teatro è piccolo e ci sono problemi di sicurezza. E poi tornare dai nonni e ridirlo. E poi ritornare dai nonni e rispiegarlo. E poi, di nuovo gentilmente, ripeterlo e accompagnarli fuori, sentendoti un mostro. Distribuire pizza rossa e bianca sotto il sole cocente indossando una maglia di lana (perché nel frattempo la temperatura è aumentata, è uscito il sole ma tu non hai fatto in tempo a cambiarti), cercando di conversare amabilmente, chiedendoti dov’è finito tuo figlio e soprattutto tuo marito.

Però, allo stesso tempo, potrete riempirvi gli occhi di meraviglia guardando i visini dei bimbi emozionati mentre consegnano il proprio palloncino al cielo. Condividere da vicino con loro la titubanza nell’affrontare il palco, cantare la canzone, ricordarsi le parole della propria parte e leggere il sollievo nel loro sguardo, accompagnato da un sorriso. Lanciarsi in un ballo scatenato sulle note di “scream and shout" (sì, proprio quella…il nostro asilo è troppo avanti), con tutti i genitori e la suora (!), mentre i bambini saltano scatenati. Capire che tutta la “fatica” fatta è ricompensata dalla gioia delle persone che ti corcondano.


E concludere la giornata soddisfatta, anche della collaborazione e unione con le altre rappresentanti. Questo non è per nulla scontato.

I wanna scream and shout and let it all out
And scream and shout and let it out
We sayin', "Ohh, wee ohh, wee oh wee oh"
We sayin', "Ohh, wee ohh, wee oh wee oh"

giovedì 23 maggio 2013

CAPACI: ORE 17,58




Ore 17,58: avevo 17 anni, l’età in cui si comincia davvero a prendere coscienza delle cose, delle cose più grandi di noi, ma non ancora pienamente. L’età in cui il non darsi spiegazioni, il vedere le atrocità del mondo genera una gran rabbia.

23 maggio 1992: era una giornata calda, questo me lo ricordo. E mi ricordo l’annuncio del TG1: stavo studiando, era la fine della scuola, c’erano le ultime verifiche per recuperare, per non farsi rimandare e rovinarsi l’estate.

Non ho capito subito l’entità, la gravità di quello che era capitato: vedevo solo una grande voragine in mezzo alla strada. E mia mamma atterrita davanti alla televisione.

Non sapevamo ancora che l'orrore, la paura non si sarebbero fermati: che qualcun altro, non da solo, avrebbe pagato con la vita il suo impegno….l’estate si sarebbe palesata amara, con le parole dirette di una vedova in lacrime.

Eppure, sembra assurdo, ma quella morte ha dato valore alla Sua lotta. E la morte della moglie. E quella della scorta. Forse il prezzo non doveva essere così alto, ma la Storia è costellata di sacrifici di anime illuminate.

Oggi 3000 studenti si sono riuniti a Palermo: sono arrivati con le “due navi della legalità”, per ricordare, per affermare il loro No alla mafia, per rappresentare la speranza.


La manifestazione è stata organizzata dalla Fondazione Giovanni e Francesca Falcone, con la presenza di molte autorità e personaggi, che sono arrivate per rendere omaggio e non solo.

23 maggio 2013 ore 17,58: a quell’ora precisa verrà suonato il Silenzio, sperando che sia soltanto un brano musicale e non sinonimo di omertà.

lunedì 20 maggio 2013

L'IMMENSITA' DEI LIBRI




Si sta concludendo il Salone del libro di Torino, edizione 2013, la dove osano le idee.

Ed io non me lo potevo perdere: quest’anno poi l’ho visto da una condizione privilegiata che mi ha permesso di stare un po’ dietro alle quinte ad osservare.

E pensare.

La prima cosa che ho pensato è che nonostante la crisi dichiarata (e probabilmente vera) dell’editoria, la crisi dichiarata (e sicuramente verissima) dei consumi e la statistica degli italiani lettori poco solerti, il Salone era pieno. Ma non solo pieno di gente: pieno di fermento, pieno di incontri e di scambio di opinioni, pieno di stimoli e soprattutto di giovani, fantastico.

Che sia un buon segno? Non so: voglio credere che non sia stato solo il brutto tempo a riempire la manifestazione, ma la voglia di tornare a confrontarsi e a conoscere su un piano di crescita culturale. Vi ricordate il post su Pietro Bembo?

Nota di cronaca: ho provato ad andare all’Auditorium ad ascoltare Renzi ma non sono riuscita ad entrare: peccato perché ero curiosa di sentirlo dal vivo. Venerdì sera, a Moncalieri, per la nascita di una nuova associazione, ho ascoltato Giorgio Gori parlare di lui come di un animale mediatico capace di improvvisare e gestire i media con naturale facilità. Ma questa è un’altra storia.

La seconda cosa che ho pensato in realtà non è un pensiero, ma una sensazione: la stessa che mi prende tutte le volte che entro in una libreria. Figurarsi in un Salone del libro.


E’ una Sensazione di Inadeguatezza di fronte all’immensa offerta di storie e culture  che un posto simile può offrire, per la consapevolezza che non basta una vita intera per leggere ed imparare tutto quello che ci interessa. Ma quando sfogliate i libri, guardate le copertine non vi viene voglia di leggere tutto, di conoscere ogni cosa di un singolo autore, di mettervi a studiare un argomento e poi, subito dopo, di rendervi conto di non avere il tempo per farlo e rattristarvi un pò per questo? 

Io provo con la testa a organizzare le serate (sono della Vergine...): il lunedì leggo il tomo sugli impressionisti, il martedì studio inglese, il mercoledì lo dedico al noir, giovedì il nuovo romanzo di Bianchini, venerdì sono troppo stanca dopo la settimana, sabato esco, domenica devo stirare. E ovviamente non posso perdermi la nuova serie di Montalbano!
Ci vorrebbero le giornate di 36 ore per fare tutto…ma soprattutto sarebbero necessarie quando hai la fortuna di incrociare un libro che ti prende l’anima. Allora davvero vorresti un tempo infinito…

Alla prossima…il Salone è pieno di meraviglie da raccontare!

lunedì 13 maggio 2013

LA COMPETIZIONE E' MAMMA!




Avete mai vissuto l’esperienza di una gara di torte all’asilo?

Questa è la prima volta che mi capita, in occasione della festa della mamma, e devo dire che è stata formativa: tocca una donna sul suo orgoglio culinario e scateni l’inferno.

Partiamo dal presupposto che mi piace cucinare, e bene, ma i dolci non sono proprio il mio forte. Quindi, da un mese a questa parte, ho coinvolto tutti gli amici più stretti in consulenze di ricette che mi facessero fare bella figura in poco tempo (non dico il minimo sforzo, ma poco tempo sì: ovvero la sera prima della competizione). Ricette di torte capresi, cheesecake che non sono così difficili,dai, margherite farcite, per poi arrivare due giorni prima al telefono con un mio amico cuoco che mi dice: “compra la pasta frolla, ci metti su la crema pasticcera, le fragole (mi raccomando la gelatina!) e fai un figurone. Puoi anche decorarla con i kiwi e le banane…ma fai attenzione che diventano nere.”.
Detto, fatto: ho lasciato stare le banane ed ho decorato la mia torta spennellando le fragole una ad una. Ed ero pure contenta del mio risultato!

Non sapevo che cosa mi aspettava…Quando ho alzato il coperchio della scatola e ho visto le torte in competizione la mia meraviglia era totale (soprattutto per il tempo che sono riuscite a trovare per farle!).

L’impatto però è stato imbarazzante: la mia crostata di frutta di fronte a capolavori di creatività in pasta di zucchero è praticamente scomparsa. Vi dico solo che la vincitrice ha riprodotto il Sistema Solare con i nove pianeti , la seconda ha realizzato più piani ispirandosi ad Art Attack, e la terza ha costruito una tinozza con i kitkat, in cui allegri maialini facevano il bagno. 
Mi ci mancava Cracco che con aria disgustata assaggiava la mia torta ed ero a posto! 

Considerazione finale: perché per la festa della mamma bisogna organizzare una gara di torte che presuppone altro lavoro mentre per la festa del papà si organizzano le olimpiadi e i giochi in cortile?

Anch’io voglio fare la gara dei sacchi e della sedia, e merenda con pane e Nutella, insomma!

Facciamo così: il prossimo anno gara di ricamo bandera per tutte!

Ho un anno per farmi insegnare da mia suocera: la vittoria è già in tasca!



martedì 7 maggio 2013

MANGIADISCHI GASTROMUSICALI




Questa è la cronaca di una giornata divertente!

E’ iniziata nel migliore dei modi: mangiando un ottimo pollo al curry nella birreria Baladin di Piozzo con birra al seguito, ed è continuata con buona musica, altrettanto cibo sublime (proprio nel significato sub –limen….oltre il confine) e un clima di composta allegria.

Luogo: il birrificio Baladin di Farigliano, 28 aprile.

Occasione: la puntata de Il Mangiadischi.  Per chi non lo conoscesse, il Mangiadischi è un format TV che mette in competizione un musicista con uno chef, in un crescendo di brani e piatti che stuzzicano mente e palato. Il tutto condito da due presentatori giovani e simpatici e da un pubblico interattivo, posizionato in location sempre diverse. Un nome dal sapore anni 60 reinterpretato in chiave moderna.

Protagonisti: alla console Madaski di Africa Unite, con Papa Niko alle percussioni, ai fornelli Marcello Trentini di Magorabin, con il suo staff. Presentano Carlo Spinelli e Niccolò Vecchia.


Tra il pubblico, un po’ di scoperte: Mariachiara Montera, nota food blogger, e Mattia Pariani, giovane imprenditore illuminato che ha creato un’azienda alimentare che estrae olio dai semi (nocciole, pinoli, pistacchi…) e collabora con Marcello e con Madaski (di cui si è svelata l’origine siciliana). Andate a dare un occhio al sito: www.pariani.org.

Insomma, per gli affamati gastromusicali c’era solo l’imbarazzo della scelta.

Non ho finito: padrone di casa impeccabile, professionale ma alternativo, affascinante e ironico, Teo Musso, che, complice la giornata open day del suo birrificio, ci ha fatto assaggiare le sue creazioni (quando la birra diventa opera d’arte…). Un giorno o l’altro qualcuno mi spiegherà  l’origine dello stile dal sapore vagamente celtico del packaging design…


Meraviglie della giornata: ho scoperto il DUBSTEP….ebbene sì, non è mai troppo tardi e adesso posso dire…mai più senza. Mi è piaciuto tantissimo! Ed ho assaggiato degli spaghetti “pane, burro e acciughe”, che hanno deliziato i sensi, dimostrando che reinterpretare la semplicità in cucina può creare estasi. E non sto esagerando.

Bravi, Belli, e Buoni: a quando la prossima puntata?


www.ilmangiadischi.com/

venerdì 3 maggio 2013

QUANDO LA BANDA PASSO' E IL BAMBINO CANTO'


Domenica.

Centro storico di un paese. Si respira l’aria deliziosamente indolente di una mattina di un giorno festivo: passeggiata, caffè, giornale, chi esce da messa, due chiacchere (sul tempo, of course), qualche pettegolezzo.

Poi in lontananza si sente la banda che suona: subito tutti si girano, si fermano, si interrogano sul perché arriva la banda, e intanto quest’ultima si è già schierata in formazione davanti al municipio, davanti ad un gruppo consistente di persone pronte a godersi lo spettacolo.

Vigili e carabinieri hanno già fatto in tempo a chiudere gli ingressi alla piazza e a tutti, in un attimo, è tornata in mente la canzone di Mina… (http://www.youtube.com/watch?v=GJIpxQgZypc).

Parte l’inno di Mameli.



Ok: l’aurea di decadenza che avvolge l’Italia non ci spinge ad essere molto nazionalisti, ma (quasi) nessuno resiste al senso di appartenenza dell’Inno. Soprattutto, e questa è la meraviglia, se a cantarlo è un bambino.



Di fianco a me, 5 anni appena, con la voce cristallina, lo sguardo fiero ed impegnato, fino al “si” finale detto con molta enfasi: una vera magia che ha emozionato me e le persone presenti; molti si sono girati ad ascoltarlo con il sorriso, molti hanno annuito.
Ripartiamo da questo bambino, da questa fiera innocenza? L’anno scorso gli hanno insegnato all’asilo che l’Italia festeggiava i 150 anni, tanti, e bisognava amarla questa nazione, cantare Fratelli d’Italia ed esserne convinti.

Vi ricordate all’inaugurazione delle Olimpiadi invernali del 2006, qua a Torino, quando nel silenzio generale una bambina ha intonato l’Inno di Italia, senza musica, solo con la sua voce chiara e acerba, davanti ai carabinieri schierati sotto la bandiera? Io ad un certo punto mi sono commossa ed ho pianto….e non sono particolarmente di lacrima facile: la semplicità dei bambini tocca corde che non sappiamo neppure di avere, quando interagisce con gli stereotipi degli adulti. 



Certo, se cantano i giocatori di calcio, la sensazione è un’altra (anche perché non tutti ricordano le parole…)…a meno di non vincere i Mondiali!

mercoledì 1 maggio 2013

ELIO e ANTONIO

Sto ascoltando il concerto del Primo Maggio e come spesso capita, la musica alimenta pensieri e riflessioni. Oggi forse un pizzico di più.

Lunedì sera ho ascoltato, per caso, ma un caso fortunato, la lettura di Elio Germano “Odio gli indifferenti”. L’autore è Gramsci, 1917.
Dopo aver scoperto solo alla fine l’origine del pezzo, meravigliandomi questa volta della mia ignoranza, sono rimasta colpita dall’attualità delle parole.

 

“Odio gli indifferenti. Credo che vivere voglia dire essere partigiani. Chi vive veramente non può non essere cittadino e partigiano. L’indifferenza è abulia, è parassitismo, è vigliaccheria, non è vita. Perciò odio gli indifferenti.”



E’ evidente il peso storico e politico del monito, e in questo momento ancora di più, ma se rileggiamo queste parole in un contesto più quotidiano, ci troviamo un insegnamento: mi piace questa idea di prendere comunque una parte, di esprimere una propria posizione, anche, perché no, sbagliata, per generare confronto, crescita, pensiero, azione, meraviglia, VITA.

Quanti di noi si sono scontrati con l’indifferenza, in amore (la peggiore?), sul lavoro, di un ideale, scoprendo che puoi farci ben poco: è davvero una sorta di “morte spirituale” difficile da contrastare. Molti mi diranno che a volte l’indifferenza è necessaria per sopravvivere: per un amore finito o una delusione particolarmente forte. Sarà, forse è vero, ma se l’indifferenza permea la nostra vita è distruttiva.

A volte capitano degli avvenimenti, generalmente e purtroppo dolorosi, che risvegliano le persone dall’indifferenza generale, alimentando una sorta di coscienza civile: e in quei momenti si capisce come la NON-INDIFFERENZA sociale abbia una grandissima forza.

Però adesso lasciatemi inviare un abbraccio virtuale a Martina, la figlia del carabiniere gravemente ferito da un disperato come molti: la compostezza del suo dolore e la sua luce hanno svegliato molti dal torpore dell’indifferenza. E scusatemi se sono saltata di qua e di la con i pensieri e se ho abbandonato la leggerezza: ma oggi è una giornata di riflessioni, difficili da tenere in ordine.

Ecco Elio Germano, ecco Gramsci: buon ascolto.